L’esperienza del coronavirus vissuta in prima persona, la gestione dell’emergenza e uno sguardo sulle sfide e le opportunità che ci aspettano. Intervista all’amministratore delegato di Calpeda Spa Renzo Lorenzi pubblicata sul numero di giugno del Corriere Vicentino.
La pandemia è stata uno tsunami, per le nostre vite e per l’economia che si trova a fronteggiare una crisi globale senza precedenti. Quanto durerà l’emergenza? Saranno efficaci le misure messe in atto per cercare di contenerla? Come si potranno limitare i danni? La congiuntura tra crisi sanitaria e crisi economica rende tutto molto incerto ed è estremamente difficile fare previsioni. Eppure proprio ora, nella fase della ripartenza, servono più che mai impegno, fiducia e coraggio imprenditoriale.
Sono questi i segnali che arrivano da Calpeda, eccellenza del settore elettromeccanico con sede a Montorso Vicentino, e dal suo amministratore delegato Renzo Lorenzi. Lui L’emergenza coronavirus l’ha vissuta doppiamente, come uomo e come imprenditore.
«Proprio nei giorni in cui veniva annunciata la chiusura delle attività produttive – racconta Lorenzi – ho scoperto di aver contratto il virus e così mi sono trovato a dover gestire contemporaneamente le preoccupazioni legate al mio stato di salute e quelle per l’azienda. Fortunatamente non ho avuto bisogno di essere ricoverato, anche se non è stata certo una passeggiata. E sono stato costretto a rimanere a casa per oltre 40 giorni prima di risultare finalmente negativo».
Quali erano i pensieri di quel momento?
Cercavo di capire quale fosse la cosa giusta da fare. La sicurezza dei dipendenti, il loro stato d’animo erano la priorità e così abbiamo optato per il fermo produttivo, sebbene avessimo clienti che rientravano tra le attività essenziali. Parallelamente ci siamo concentrati nel mettere in atto tutti i protocolli ministeriali per contenere il contagio, devo dire anche anticipando certe misure. Tuttora abbiamo un comitato per l’emergenza Covid-19 che si riunisce costantemente e lavora non solo per garantire il rispetto delle regole ma anche per proporre sempre nuovi spunti di miglioramento.
Quando avete ripreso la produzione?
Il 6 aprile abbiamo deciso di riaprire per fornire i clienti codice Ateco. Abbiamo iniziato a regime ridotto e poi dal 14 aprile al completo. Con il senno di poi posso dire che è stata una decisione felice, sebbene molto sofferta data l’incertezza del momento e le difficoltà burocratiche. In questo modo siamo arrivati alla fase 2 già pronti e poi la risposta dei dipendenti mi ha fatto capire che è stata la scelta giusta. C’era voglia di ricominciare e di un messaggio di fiducia.
Quale strategia avete individuato per favorire la ripresa?
Calpeda è un’impresa sana. Abbiamo un piano strategico per i prossimi dieci anni che non sarà cancellato, ma in questo momento non ha senso parlare di strategie e budget. Piuttosto bisogna mettere in campo una nuova forma di imprenditorialità che sappia gestire l’azienda giorno per giorno, lavorare con un portafoglio ordini che si è accorciato tantissimo e prendere decisioni velocissime. Flessibilità è senza dubbio la parola d’ordine per resistere.
Nei momenti di crisi sono i valori di un’organizzazione a emergere e a fare la differenza.
Certamente. Nel nostro caso metterei al primo posto la qualità delle risorse umane e la competenza dei collaboratori. Inoltre si sono dimostrati vitali il percorso di digitalizzazione e gli investimenti tecnologici realizzati nel corso degli anni. L’efficienza del sistema gestionale e la possibilità di aver accesso ai dati in sicurezza ci hanno permesso di superare brillantemente il test dello smart working e di continuare a essere operativi in molte funzioni.
Qual è a suo avviso la cosa più urgente per le imprese?
Ritengo che sia fondamentale non interrompere il circuito dei pagamenti. Bisogna avere la forza di dire di no ai clienti che chiedono di allungare i pagamenti per poter essere in grado di pagare a propria volta dipendenti e fornitori. Non è solo una scelta etica e di responsabilità sociale, ma anche strategica. Nessuno è avulso, ogni realtà imprenditoriale è inserita in una filiera.
Come cambieranno i mercati internazionali?
I mercati stanno riaprendo ma tutto il mondo è nella stessa situazione, anzi alcune aree sono ancora nel pieno dell’emergenza. Siamo di fronte a una crisi diversa da quella del 2009, che era di natura finanziaria. Ora siamo di fronte a un mercato da ricostruire, a un cambiamento strutturale della società e dei servizi. Solo collocandosi sul mercato con prodotti che abbiano qualcosa in più si potrà essere davvero competitivi e cogliere nuove opportunità.
Crisi come occasione per pensare a un nuovo paradigma?
Io credo di sì. È il momento di dare un nuovo significato al termine globalizzazione. Di certo questo non significa andare verso la chiusura: siamo tutti interconnessi, la condivisione delle conoscenze è un valore irrinunciabile e molte questioni devono essere gestite a livello planetario. Ma se guardiamo all’economia, la valorizzazione dei mercati vicini e le filiere corte potranno costituire una nuova opportunità. La regionalità può essere una chiave per interpretare in maniera concreta termini come circolarità e sostenibilità, un modo per risparmiare risorse e rispettare la natura.
Come si immagina la Calpeda dei prossimi anni?
Sempre più orientata alla ricerca e alla produzione di prodotti ad altissimo risparmio energetico, concentrata sul benessere dei dipendenti e sulla qualità dell’ambiente di lavoro.
Penso alle grandi storie imprenditoriali del nostro territorio, ai capitani di industria che hanno messo al centro non il profitto ma un progetto e una passione. Possono essere ancora una fonte di ispirazione, soprattutto in questo momento.